giovedì 8 novembre 2007

"Un'Equità Sociale corretta, grazie"

Buonasera!

Sì, quanto sviluppato dal collega nell'analisi precedente è abbastanza condivisibile.
Approvo che lo Stato debba impegnarsi per fornire servizi di base alla popolazione, come per esempio la Sanità.
Sono meno d'accordo invece se si comincia a parlare di equità sociale, a meno che non si stabiliscano precisi limiti, ovvero: fino a che punto vogliamo (artificialmente) colmare un'inevitabile differenza di status tra diverse "classi" o "scaglioni"?

Limiti troppo elevati significano cercare di azzerare ogni scalino, con risultati poco piacevoli quali quelli riscontrati aldilà della Cortina.
Interventi scarsi o nulli equivalgono, d'altraparte, ad una società egoista, chiusa, instabile e piuttosto menefreghista.
Anche in questo campo, dunque, direi di adottare una buona via di mezzo: giusto quindi garantire servizi di base gratuiti e redistribuire parte del reddito, ma no a forme di egualitarismo. Prediligo una società libertaria, dove tutti abbiano la possibilità di dimostrare le proprie capacità e talenti, i migliori riescano ad emergere, senza un livellamento verso il basso, e in cui per tutti vigano le stesse regole di partenza. Di pari passo, è necessario garantire "reti di salvataggio" ed un equilibrato ed "ottimo" trasferimento a favore delle categorie più in difficoltà, specie tenuto conto del fatto, già sottolineato da Tiziano, che convogliare d'imperio risorse (attraverso imposte e successive erogazioni) può avere effetti positivi superiori a quelli negativi delle perdite secche.
Un rapido esempio vale la spiegazione:

supponiamo di privare un soggetto benestante di 10 € e fornirli ad un incapiente. L'utilità marginale della somma sarà molto superiore per quest'ultimo che per il primo. La perdita secca derivante dall'imposizione, pur presente, non inficierà il risultato.
Purtroppo, questo non è esplicabile con cifre e conti: dal punto di vista economico, c'è una perdita, non si discute. Da quello sociale probabilmente no, anzi.
Giusto bilanciare i due aspetti, dunque, non dimenticando che "punto di vista sociale" può spesso tradursi in semplice buonsenso, valutando l'utilità in senso lato (o come preferisco io, il "potenziale creativo di felicità") di ogni azione.

Ciaociao!

Henry

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