venerdì 21 dicembre 2007

I Sovranity Founds (o Fondi Sovrani): minaccia od opportunità?

Cito un interessante articolo del Sole 24 Ore del maggio 2007, che a distanza di 6 mesi è diventato quasi profetico; di seguito riporto le parti più interessanti per un ragionamento finale che vorrei condurre con il mio socio, e con chi di voi desiderasse condividere un'opinione.

Un_dollar_usLa globalizzazione che rafforza gli Stati
2 maggio 2007

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I FONDI SOVRANI DI RICCHEZZA
Non è un fatto nuovo: molti Governi, soprattutto nei Paesi emergenti, stanno cercando modi più redditizi per investire le riserve valutarie in eccesso o i ricavi - tasse e royalties - generati dalle ricchezze naturali. Trasformano così queste risorse - valute, petrolio, minerali - in attività finanziarie. Evitano in questo modo di essere dipendenti da un solo mercato o quasi - quello del greggio o quello dei titoli di Stato americani - e nello stesso tempo utilizzano all'interno del Paese solo i fondi che l'economia può assorbire senza surriscaldarsi.

UNA LISTA MOLTO LUNGA

Sono circa 25 ormai i fondi sovrani di ricchezza nel mondo. Alcuni, come quello russo ancora oggi, sono gestiti in modo molto conservativo, altri sono invece da tempo più aggressivi. I più grandi, l'Adia degli Emirati arabi (875 miliardi di dollari) e la Gic di Singapore (330 miliardi) sono avvolti da totale segretezza: le loro esatte dimensioni sono ignote. [...]

COLPI DI STATO...
Impossibile però pensare che, con una massa di denaro di queste dimensioni, i Governi non li utilizzino anche per scopi politici, più o meno slegati da quelli strettamente economici che rappresentano solo un vincolo. Temasek (S.F. di Singapore, ndr), per esempio, è stata uno strumento fondamentale per lo sviluppo industriale di Singapore, un tempo un porto di pescatori. Oggi, proiettata all'estero e soprattutto in Asia - ha dato più volte l'impressione di essere il braccio finanziario dello Stato oltreconfine.
[...]

...E INTERFERENZE SULLE AZIENDE
Anche Oslo, in circostanze e con modalità completamente diverse, usa il suo fondo per scopi politici e per incidere quindi sulla gestione di alcune società. Il motivo economico c'è e non va sottovalutato: in investimenti di lunghissimo periodo, anche il minimo rischio - quelli causati dai presunti o reali abusi di Wal-Mart sui dipendenti, o dai danni ambientali della Drd Gold - può assumere in prospettiva un peso enorme. Con l'evoluzione della giurisprudenza, queste aziende potrebbero per esempio essere condannate a enormi risarcimenti.
Il Fondo, gestito dalla Banca centrale, fa quindi moral suasion sulle aziende, partecipa alle assemblea, si schiera spesso contro il management, e sempre in nome di una corretta corporate governance. Alcune imprese, come la stessa Wal Mart e l'italiana Finmeccanica - ma questo avviene anche in fondi privati - sono poi escluse dagli investimenti. Anche in questo caso non mancano né iniziative né ricadute strettamente politiche: il Fondo di Oslo esclude così le aziende impegnate nell'industria militare nucleari mentre la pubblica esclusione di Wal Mart ha scatenato la protesta vivace dell'Amministrazione di Washington.

MOSCA, PECHINO, TOKYO
Cosa accadrà ora con Mosca? La Russia non ha nascosto di voler usare le sue risorse economiche - il gas innanzitutto - per scopi strettamente politici, e non in una logica di puro mercato. Il Paese non è né democratico come la Norvegia, né piccolo come Singapore. Qualche timore è giusto averlo, anche se le dimensioni del fondo sono limitate.
Non è così in altri casi: alcuni fondi esistenti sono enormi, altri, di dimensioni notevoli, nascono per imitazione. La Cina ha appena creato il proprio "veicolo finanziario", la Hueijing, da 300 miliardi di dollari, che crescerà di 200 miliardi di dollari o più all'anno; la Kic coreana sarà presto allargata, forse a 100 miliardi; e il Giappone - forte di 900 miliardi di riserve valutarie - potrebbe presto affiancarsi con un proprio fondo o società specializzata.

«La mia stima di massima - spiega Stephen Jen di Morgan Stanley, che segue il fenomeno con particolare attenzione - è che questi Fondi sovrani di ricchezza hanno ora attività per 2.300 miliardi di dollari e che cresceranno di 500 miliardi l'anno». Pochi sono nelle mani di Governi democratici.

PASSAGGI DI POTERE
È da queste considerazioni che Jen avanza tre ipotesi importanti sullo sviluppo del sistema politico e finanziario mondiale. La globalizzazione, spiega, sta ora sviluppando un passaggio di poteri, soprattutto dal privato al pubblico. «In aggiunta a un trasferimento geografico di poteri da uno sistema unipolare centrato sull'egemonia degli Stati Uniti a un sistema multipolare - spiega - la globalizzazione sta anche portando a trasferimenti di potere economico in altre direzioni: dal privato al pubblico, dal lavoro al capitale e dai prodotti industriali a quelli finanziari».

VERSO IL PROTEZIONISMO FINANZIARIO?
I rischi di questo nuovo ruolo degli Stati sono tanti. Il maggiore è sicuramente nella scarsa trasparenza della maggior parte di questi fondi, che potrebbero anche diventare fonti di instabilità finanziaria: le loro dimensioni sono tali da trasformarli in fattori determinanti sull'andamento dei mercati. L'altro pericolo - ed è un rischio per le innegabili tensioni politiche che crea - è quello del protezionismo finanziario.
Episodi come quello della Dubai Port che tenta di acquisire i moli di New York e viene respinta potrebbero moltiplicarsi. «La trasformazioni di queste banche centrali esteri da creditori a proprietari potrebbe generare - conclude Jen - reazioni politiche non solo negli Stati Uniti, ma anche in Australia, in Canada e in altri Paesi che offrono attività finanziaria che queste nazioni ricche di riserve trovano desiderabili».



I Sovranity Found sono una minaccia e un'opportunità? Solo una delle due?
Cosa ne pensi Henry?
E voi?
A mio parere bisogna fare grande attenzione alla destinazione che viene fatta del capitale di questi fondi.
Come evidenziato, le dimensioni di questi fondi sono tali che si corre il rischio che i Sovranity Founds vadano ad influenzare l'aspetto politico inevitabilmente legato all'economia di un Paese.
Recentemente, a seguito della crisi dei mutui subprime, in alcune grandi e storiche banche d'affari sono entrati Fondi Sovrani:


(ANSA) - ROMA, 19 DIC - Il fondo sovrano China Investment con un investimento di cinque miliardi di dollari è destinato ad entrare in Morgan Stanley, una delle maggiori banche statunitensi, con una partecipazione di poco meno del 10%, circa il 9,9%.

Cito da il Giornale:

(IL GIORNALE) - MILANO, 11 DIC - Incamminandosi su una strada simile a quella che ha portato gli emiri di Abu Dhabi al 5% di Citigroup in cambio di un investimento da 7,5 miliardi di dollari, il presidente (di Ubs, ndr) Marcel Ospel ha infatti deciso di tamponare il patrimonio del gruppo elvetico emettendo bond convertibili. Questi titoli saranno sottoscritti dal fondo sovrano di Singapore e, con ogni probabilità, dal governo dell’Oman: una volta che il cerchio sarà chiuso Ubs otterrà 11,5 miliardi di dollari di mezzi freschi.

Insomma... C'è da preoccuparsi?

4 commenti:

Yaenrhys ha detto...

Interessante contributo.
A dire la verità, non la vedo nera.
Nel senso, è risaputo che valanghe di soldi siano nelle mani di Stati più o meno democratici grazie allo sfruttamento delle loro risorse naturali (e Arabialandia è un bell'esempio).

Il punto è che, secondo me, è piuttosto difficile che qualche stato sovrano possa avere interesse ad utilizzare questi patrimoni per destabilizzare notevolmente i circuiti finanziari mondiali.
D'altraparte, se escludiamo Paesi che vivono esclusivamente di rendita come, appunto, Petroliolandia, altri, come la Cina, hanno nella stabilità del sistema internazionale uno dei loro alleati più rilevanti.

Anonimo ha detto...

Penso che il pericolo stia più nel fatto che alcuni paesi possano utilizzare la loro potenza finanziaria non tanto per destabilizzare i circuiti internazionali, quanto per porre in essere operazioni di rilevanza politica.
Per esempio, vedi la notizia a fine articolo che recita:

"Episodi come quello della Dubai Port che tenta di acquisire i moli di New York [...]"

Insomma, il problema non sta nella destabilizzazione dei circuiti finanziari internazionali, ma nella destinazione e nelle motivazioni che stanno a monte di certe logiche di investimento. :O)

Yaenrhys ha detto...

Sì, di sicuro queste risorse rappresentano una carta in più da usare, ma non sono giochi nuovi in fin dei conti.
Guarda la Russia: Putin non fa mistero di voler usare le risorse energetiche come arma politica.
Per inciso, non vedo dove sia l'illegittimo; dopotutto sono soldi loro, li usino come meglio credono. :)

Anonimo ha detto...

Mai detto "illegittimo".
Ho solo qualche perplessità, e credo sia condivisa, sulla trasparenza e sull'etica che sta dietro a possibili impieghi di queste risorse.

Inoltre si corre il rischio che vengano investiti capitali "sporchi", provenienti da droga e/o da attività eticamente scorrette.

Non credi che sia un rischio che, almeno per quel che riguarda i fondi sovrani, bisognerebbe evitare?

PS il riciclaggio è reato ;O)